Training Autogeno… “non esistono i miracoli”

Training Autogeno… “non esistono i miracoli”

“Training autogeno” … un termine in cui almeno una volta ci siamo imbattuti, vuoi perché conosciamo qualcuno che lo pratica, vuoi perché abbiamo visto in libreria un libro/guida per imparare il metodo (magari con tanto di CD), vuoi perché ne abbiamo letto gli effetti benefici su qualche rivista, oppure perché il nostro sguardo ha incrociato il volantino pubblicitario di un corso.

Ma che cosa è il training autogeno? Quale il significato di queste due parole?

È importante che una persona sappia che cos’è il training autogeno prima di intraprendere un corso per impararlo, in modo da evitare false illusioni sulle caratteristiche della tecnica e sulla sua utilità.

Parlare di training autogeno solamente in termini di “tecnica di rilassamento” sarebbe riduttivo; è qualcosa di più profondo e sostanziale come suggerito dalle stesse parole che lo definiscono: “training” rimanda all’idea di “allenamento, esercizio”, mentre l’aggettivo “autogeno” significa “che si genera da sé”. Si tratta di una tecnica che induce nella persona delle modificazioni positive a livello somatico e a livello psichico, in direzione opposta rispetto alle manifestazioni corporee e mentali che si accompagnano a momenti di tensione e di stress. Che cosa significa in concreto?

Attraverso una serie di esercizi “mentali”, la persona si rappresenta mentalmente formule e sensazioni che si riferiscono a specifiche parti e/o funzioni del corpo; con il tempo e soprattutto con l’allenamento, queste sensazioni evocate si traducono in concrete sensazioni fisiche. E, ad esempio, è così che, immaginando il mio corpo pesante, arriverò a percepire effettivamente la specifica sensazione a cui si riferisce l’esercizio.

Ma come è possibile che alla rappresentazione mentale di una sensazione ne consegua una reale modificazione a livello fisiologico?

La risposta si trova in quello che viene definito “principio ideomotorio (o dell’ideoplasia)” di Carpenter (1873), secondo il quale un’immagine di movimento dà lo stimolo perché il movimento stesso si attui; pensando all’esercizio della pesantezza, l’idea di corpo pesante si accompagna a minimi impulsi motori che porteranno il corpo a “muoversi” nella direzione della pesantezza e, quindi, della distensione muscolare.

Nel training autogeno è fondamentale assumere un atteggiamento di “concentrazione passiva”: la persona non resta concentrata su un obiettivo da raggiungere volontariamente, ma – guardando a sé come un osservatore esterno – lascia che le manifestazioni somatiche e mentali accadano in modo spontaneo.

Paradossalmente, viene altresì richiesto alla persona un atteggiamento attivo… attivo nell’eseguire gli esercizi, nel ritagliarsi un momento della giornata per esercitarsi, nel fare qualcosa per se stesso e per il proprio benessere.

E, infatti, il Training Autogeno non è una tecnica miracolosa, non ci si deve aspettare che l’eventuale problema per cui ci si è rivolti al training autogeno si risolva subito; d’altra parte, non bisogna demoralizzarsi se non si riesce in un esercizio né avere un atteggiamento rinunciatario, ma è importante prendersi il tempo necessario. Un atteggiamento diligente nell’apprendere la tecnica, contraddistinto da impegno e da costanza nell’esercitarsi, permetterà di ottenere dei risultati positivi ed efficaci per la propria persona.